Vittorio Vighi R.I.P.

Another sad departure to report. Vittorio Vighi wronte numerous films from the late 50s to the late 70s, most particularly on the comedy genre. He was a regular scripter for the likes of Franco & Ciccio (Due marines e un generale), Walter Chiari (Due contro tutti) and Lando Buzzanca (Spia spione). He also dabbled with more serious material, most particularly Probablity Zero, an excellent war film directed by Maurizio Lucidi and satrring Henry Silva.

Vittorio Vighi, bolognese di nascita e romano di adozione, l’abbiamo incontrato alla mostra dedicata agli umoristi promossa dalla Galleria “Athena Arte”. Grazie a questa mostra, è nata l’idea di dedicare una serie di servizi a quelle che sono ancora “belle penne e belle menti”, ingiustamente dimenticate negli ultimi tempi.
Vittorio Vighi, il suo essere umorista, disegnatore di vignette satiriche o surreali, è stata una vocazione o una scelta dovuta ai casi della vita?
Una vocazione. I miei genitori mi avevano avviato alla Giurisprudenza, ma non era proprio il mio caso. Fin da quando ero bambino non ho fatto altro che disegnare, riempiendo tutto ciò che trovavo, libri e quaderni, dove ci fosse un piccolo spazio disponibile.
Come è stato scoperto?
Ho incominciato sulla fine degli anni ’40, quando frequentavo il liceo e, poi, all’Università, a mandare le mie vignette a vari giornali e un bel giorno ho ricevuto una lettera di Vito De Bellis, allora editore e direttore del Marc’Aurelio, in cui mi diceva che lui e la redazione apprezzavano molto la mia opera. M’invitava a collaborare al giornale, però avrei dovuto trasferirmi a Roma. Era la fine del ’51, inizio ’52.
E lei, che cosa ha fatto?
Ho preso la mia valigetta, ho salutato i miei genitori e sono venuto a Roma.
Va da sé che il mondo ha perso un avvocato.
Ho dato una dozzina d’esami e lì mi sono fermato. Non era proprio la mia vocazione. Oltre al Marc’Aurelio, in contemporanea collaboravo anche con altri giornali. Poi, è finita la stagione dei giornali umoristici, anche il Marc’Aurelio ha chiuso e io, come tutti i miei colleghi, sono stato risucchiato dal cinema, radio e televisione come autori di testi, sceneggiatori.
Qualche titolo?
Qualche filmetto, per la Rai Tandem, Europa Europa, Buona sera con…, Carta Bianca, Mi racconti una favola, Giallo sera e tanti altri. L’avventura è durata una buona trentina d’anni, sono andato in pensione con Il pranzo è servito, condotto prima da Corrado e poi da Claudio Lippi.
Con la pensione, lo spirito umoristico vignettistico è sparito?
Tutt’altro, però non c’è spazio. Non ci sono più giornali che raccolgano più firme, perciò…e io ho recuperato una mia vecchia passione: la pittura. Il problema era rappresentato dal fatto che non era nelle mie corde dipingere marine o baite di montagna. Volevo trovare un filo che mi legasse al mio passato di umorista. Ci ho pensato, ho provato e da un anno ho trovato, penso, la strada, confortato anche dal parere dei critici, tra i quali Luigi Lambertini, Gianni Cascone, Raffaella Del Puglia.
Qual è la via trovata?
Eccola.
E Vighi mostra i suoi quadri. Per capirne lo spirito, ecco un sunto di ciò che ha scritto Gianni Cascone:
“Al di là delle illustrazioni del secolo moderno, dei ricordi personali e della memoria collettiva, il “fil muto” di Vighi declina senza fine la ricerca disperata di una identità sia pure minima, banale e consumistica. Le figure che ci hanno fatto sorridere, intenerire o sognare alla fine si trasformano in uno specchio di carta. È su questa superficie, rugosa e fragile, che ci dobbiamo specchiare alla fine del secolo. L’emblema di noi stessi sta proprio in quegli omini-massa trasparenti che Vittorio Vighi, venendo dalla caricatura e dalla televisione, ha saputo creare e mettere contro lo sfondo di città infernali”.

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